“..avevano le barbe nere, lunghe.
E gli occhi spalancati come diavoli.
Le loro urla perforavano le orecchie.
Le donne gridavano e la gente scappava.
Io piangevo e nessuno mi sentiva.
Io piangevo più forte e nessuno mi vedeva.
Ci fu uno scoppio.
Ho smesso di sentire.
Ho smesso di parlare.
Ho riaperto gli occhi per guardare
e sono rimasto solo.
In silenzio.
La guerra, quella vera, comincia il giorno dopo.
È la guerra di chi rimane, di chi sopravvive, di chi cerca di ricostruire una esistenza sulle macerie di una quotidianità e una normalità negata, spezzata, rubata.
La guerra è un istante lungo un infinito.
E tutto cambia. Per sempre.
Resta il silenzio nei timpani che sibilano, resta la luce, spenta e opaca, negli occhi di chi testardamente sceglie di continuare a vivere.
E sull’odore acre e persistente delle carni briciate, sulla polvere dei muri abbattuti come scheletri dalle ossa rotte, nei disegni di bambini violati, emergono i ricordi.
Mai le ragioni. E si va avanti.