Creato dall’idea e dallo straordinario entusiasmo di una donna eccezionale – Madame Celine – e da suo marito, il centro Le Merveille si è posto l’oneroso impegno nel prendersi cura dei ragazzi con disturbi cognitivi genetici o, molto frequentemente, a seguito di una diagnosi tardiva della Drepanocitosi, malattia emolitica a carattere ereditario ma anche conseguenza della malaria curata male o tardivamente.
E proprio a seguito della morte della giovane figlia di Madame Celine a causa della drepanocitosi, per la mancanza di informazione medica, di cure adeguate e di strutture, decise, con il marito, di aprire un centro sanitario ai bordi della città per la prima diagnosi e le cure basiche per questa terribile malattia.
Il centro Le Merveille si trova in un sobborgo periferico di Lubumbashi, la seconda città più grande della Repubblica Democratica del Congo, ed è anche l’unica realtà (nel 2012) privata e gratuita per la formazione e istruzione a ragazzi con problemi cognitivi, al fine di rendere sostenibile e autosifficiente la loro vita nella società.
Il centro Le Merveille fornisce attività di istruzione e formazione diurna e le presenze ruotano su una trentina di persone di varie età. Sono per la maggiore bambini e ragazzi che vivono soli in quanto abbandonati dalle proprie famiglie al manifestarsi dei primi segni della malattia. In una condizione sociale già complessa, molte volte al limite della sopravvivenza, la gestione e la cura di una persona handicappata mentale da parte dei parenti è semplicemente un atto non sostenibile e soggetto a una selezione naturale.
Li ho incontrati nel 2012 e ho passato un (troppo) breve periodo con loro, partecipando alle loro lezioni e dialogando con i ragazzi, a volte con modi molto creativi. In quella occasione ho scoperto e compreso che anche loro hanno dei desideri da esprimere, dei progetti da realizzare; e qualcuno di loro riuscirà pure nel soddisfarli. Altri no.
Alcuni non riusciranno a sopravvivere: troppo deboli o semplicemente perché il mondo non ha ancora smesso di prendersi gioco di loro.